Fra i corti proiettati ieri sera al cineporto ce n’erano tre che meritano di essere conosciuti.
Il primo è Milf pigtail shaved pussy (2010, 16′) di Giuseppe Franco, che nonostante il titolo non ha nulla di pornografico. Tratto dall’omonimo racconto, il cortometraggio riesce a rappresentare in maniera sincera e realistica la famiglia odierna, in particolare a sottolineare il rapporto madre-figlia, dove la madre quarantenne prova di tutto pur di sembrare più giovane e attraente e la figlia fa di tutto per sembrare più grande. Spettatore semi-impotente riguardo a tutto ciò è il padre, che seppur non lo ammetta, è anch’egli affezionato alla sua immagine. Il regista riesce in pochi minuti a sottolineare in maniera ironica alcune delle più gravi “storture” della società odierna: il narcisimo, il consumismo, il divismo e la spregevole tendenza di fare intrattenimento sulle disgrazie altrui (dai programmi/talk show di infotainment ai filmini di persone che muoiono su youtube). Molti critici sostengono che dagli anni settanta ad oggi il cinema italiano non è più riuscito a mostrare un ritratto sincero del nostro paese. Questo è vero, basti pensare a scherzi della natura (scherzi del consumismo in realtà) come Amore14, e risulta subito chiaro che le commedie contemporanee somigliano più al mondo patinato della pubblicità che all’Italia. Ma per fortuna, per loro intrinseca natura, i cortometraggi riescono sempre a comunicare liberamente con il loro pubblico, che purtroppo non è di enormi dimensioni.
Il secondo cortometraggio meritevole di lode è Deu ci sia (2010, 15′) di Gianluigi Tarditi. Ambientato alla fine del XIX secolo in Sardegna, tratta il tema della femina Agabbadora, una donna che si occupava di aiutare i moribondi a raggiungere l’aldilà. Grazie a un’ottima fotografia e una scenografia e un trucco decisamente realistici, il risultato è straordinariamente coinvolgente. Certo il budget non era ristretto (70.000 euro) ed è stato girato in RedCam, ma il risultato è ottimo in quanto il film poggia le basi su una sceneggiatura forte e ben strutturata. In particolare le transizioni fra una scena e l’altra sono attentamente calcolate e fanno sì che il corto scorra fluido e senza salti. Efficaci anche le scelte visive che alleggeriscono un massiccio ma indispensabile uso dei dialoghi.
Il terzo lavoro è in realtà un corto di videoarte. Il primo filmato di videoarte che ho apprezzato in vita mia se devo essere sincero. Fratres (2010, 5′) di Carlo Cagnasso. Con una soluzione visiva interessante mostra in maniera metaforica (ma neanche troppo) il rapporto fra fratelli. Fotogrammi veloci che danno l’idea di un messaggio subliminale. Per 5 minuti non vediamo nulla di compiuto ma comprendiamo cosa stia succedendo sullo schermo. Decisamente ben fatto, il regista sa di certo come comunicare efficacemente attraverso le immagini. Purtroppo non è possibile descrivere a parole le immagini e sul web il corto non si trova. Come per gli altri due per il momento dovrete cercarli ai festival.