no tav... Chiomonte luglio 2011....

  

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Ferrero: appalti e mafia, smascheriamo il Tav in tutta Italia

Io credo che qui in val di Susa si sta tenendo al meglio di come si poteva tenere e si continuerà a tenere, con la maggioranza della popolazione della valle contro la Torino-Lione, che dimostra ogni volta che ce n’è bisogno di essere contro. Io penso che oggi, oltre alla val di Susa, bisogna riuscire ad allargare il movimento in tutta Italia, perché voi non state solo difendendo la valle, state impedendo che il governo italiano sbatta via dal portafoglio 20 miliardi di euro quando non ci sono i soldi per l’università, per la salute e per le pensioni. Questo in Italia non si è ancora capito, come non s’è ancora capito che c’è una linea ferroviaria che è usata solo per il 30%, quindi se han bisogno di far passare dei treni possono farli passare sulla linea storica.
Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi noi dobbiamo costruire il movimento in tutta Italia, in modo che il No-Tav non sia più solo un Paolo Ferreroproblema della val di Susa e di qualcuno che viene a portare solidarietà, ma diventi la battaglia di tutta Italia. Il Ponte sullo Stretto di Messina non si fa perché lì è risultato chiaro che lo facevano solo per le cosche mafiose; non c’è la stessa consapevolezza per la val di Susa: dobbiamo costruirla. E allora l’impegno che prendo, come Rifondazione Comunista e Federazione della Sinistra (perché non penso che sono esattamente tutti uguali) è quello di fare in tutta Italia assemblee, nelle prossime settimane, per arrivare in settembre a costruire una manifestazione nazionale, città per città, contro la Tav.
Dobbiamo dimostrare che, così come 27 milioni di italiani sono contro la privatizzazione dell’acqua, ce ne sono altrettanti che sono contro la Tav in val di Susa. Questa è la cosa che dobbiamo fare: questa battaglia non si vince militarmente, perché militarmente son più forti loro; questa battaglia si vince con la politica e con il consenso, si vince sputtanando una classe politica – questa sì, di centrodestra e centrosinistra, che in nome degli affari si ritrova unita.
(Paolo Ferrero, ex ministro, segretario nazionale di Rifondazione Comunista e portavoce della Federazione della Sinistra: testo dell’intervento pronunciato all’assemblea No-Tav di Chiomonte il 3 luglio 2011, video-ripreso per il blog “Paolo Ferrero”).



Tav, Travaglio: questi politici sono peggio dei violenti

Secondo voi quale autorevolezza può avere questa parodia di Bava Beccaris che è il ministrucolo Maroni nel denunciare le violenze contro la polizia quando lui è stato condannato in via definitiva, è un pregiudicato per violenze ai danni della polizia? La Lega Nord aveva organizzato una formazione paramilitare vietata dal codice penale e dalla Costituzione italiana allo scopo di costituirsi un esercito privato, le Camice Verdi, la Guardia Nazionale Padana e c’erano intercettazioni in cui si parlava, da Bossi in giù, di movimenti di armi per dotare questi cialtroni delle Camice Verdi per cercare elementi su questa formazione paramilitare, su questa banda, questa sì eversiva, questa sì organizzata, questa sì simile alle Br anche se ne era una parodia in menopausa.
Pensate con quale faccia il ministro delle infrastrutture Matteoli che è comparso in televisione in stato di decomposizione ieri sera con i capelli Roberto Maronitinti davanti a una libreria per dire che l’opera è imprescindibile perché altrimenti l’Italia resterebbe tagliata fuori dall’Europa: già, perché noi oggi senza quel Tav siamo tagliati fuori dall’Europa? Vi sembra che siamo isolati rispetto alla Francia? Ma di cosa parlano? Il ministro Matteoli con quale faccia predica legalità a una popolazione che sta per essere assassinata da questi cantieri essendo lui un imputato per favoreggiamento in una vicenda che ha deturpato l’ambiente?
Stiamo parlando di uno che da ministro dell’Ambiente è accusato di avere avvertito il prefetto di Livorno di un’indagine anche a suo carico a proposito degli abusi edilizi all’Isola d’Elba, uno dei paradisi terrestri che abbiamo in Italia, che è stato devastato dall’abusivismo edilizio. E c’era una cricca di costruttori, politici e servitori dello Stato, “ladri della patria” più che padri della patria, d’accordo in questi abusi. Questo processo non si fa perché il ministro Matteoli si trincera dietro il reato ministeriale e perché la Camera ha negato l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteoli il quale, con quel reato ministeriale, avrebbe agito nell’interesse dello Stato: pensate, la Altero Matteolicricca degli abusi edilizi diventa “interesse dello Stato” e questo signore ha il coraggio di dare lezioni al popolo della val Susa?
A parte che ha Ragione Grillo quando dice che il popolo della val di Susa è eroico perché hanno cercato di comprarlo, di minacciarlo, di lusingarlo, di spaccarlo, di dividerlo, di intimorirlo, di terrorizzarlo, di insultarlo, di paragonarlo a una cellula delle Brigate Rosse, una cellula di alcune decine di migliaia di persone, eppure non si è lasciato piegare, ancora combatte, altro che eroi a mani nude a prendere le botte! Ma immaginate anche se non fossero degli eroi, quanto sarebbero comunque eroi di fronte a un figuro come il ministro Matteoli, pensate con quale faccia lo Stato si può presentare a questi cittadini per tentare di spiegargli ciò che non può spiegare perché? Perché è indimostrabile, anzi è falso!
Ho molto apprezzato un articolo che ha scritto Luca Mercalli per Il Fatto Quotidiano in cui ribadiva ad una ad una le ragioni del “no” al Tav, dati alla mano. Dati scientifici, 140 pagine di osservazioni: l’ingegner Sandro Plano, presidente della Comunità Montana, il professor Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino; il professor Marco Ponti dell’università di Milano. Questa è gente da ascoltare: non Fassino, Matteoli, Chiamparino e Maroni che non sanno neanche di cosa stanno parlando, ma sanno benissimo gli interessi che ci sono dietro a questo cantiere. Marco Ponti è un esperto di opere pubbliche; sul Tav ha una posizione assolutamente chiara, perché? Perché dice che il gioco non vale la candela: non lo prende neanche in considerazione dal punto di vista dell’ambiente, ma dal punto di vista dell’utilità, dell’interesse nazionale a spendere 20 o 30 miliardi di euro a imbrattare una valle o più valli con un cantiere di vent’anni per fare una I manifestanti forzano le recinzioni del cantiere Tavcosa che già oggi si sa che non serve a nulla, ed era già dubbio che servisse trent’anni fa.
Smettiamo di chiamarlo con quella ridicola foglia di fico di “alta capacità”: di treni merci non ne viaggeranno mai come in Francia e in Spagna, ci dicono un luogo comune. Fa parte dei corridoi europei? E’ vero, ma è ridicolo: questi corridoi prioritari sono cresciuti talmente di numero che oggi sono 30 e coprono fittamente tutta l’Europa. Crea sviluppo e occupazione? Falso: per euro pubblico speso, le grandi opere occupano pochissima gente rispetto a quelle piccole. Perdiamo soldi europei? Vero, ma ridicolo: se va bene, ma proprio bene, perdiamo 3 miliardi; anche se il finanziamento iniziale è 600 milioni su 22 miliardi di costo, il resto ce lo mettiamo noi e si tratta di costi preventivi; in realtà risparmieremo 11 miliardi, la nostra quota (quella italiana) a non costruirla: infatti, pensate, avremo già 1/4 della manovra fatta rinunciando a questa porcheria.
Per il tunnel di base il documento è un dossier presentato dall’Unione Europea nel 2007 che preventiva a gennaio 2006 un costo di 14 miliardi di euro e per il 63%, cioè 9 miliardi a carico nostro, dell’Italia; a questi poi vanno aggiunti 5 miliardi per la tratta italiana. Mai i preventivi delle linee alta velocità già realizzati sono stati rispettati: la Roma-Firenze è lievitata di 6 volte, la Torino-Milano 5 volte rispetto ai preventivi, la Firenze-Bologna di 4; quindi, se tutto va bene, se anche lievitasse di 4, il minimo in Italia, questa roba non ci costerebbe 20/22 miliardi, ma 80.
Quale sarà il traffico merci reale sulla direttrice Italia – Francia? Sulla linea già esistente oggi è stato di 2,4 milioni nel 2009, in calo costante dal 2004. Nel 2010 si calcola un volume di 20 milioni di tonnellate annue, ma in realtà sulla linea esistente il traffico è stato di 2,5 milioni nel 2009 e non ha fatto che diminuire negli ultimi 7 anni. Anche il traffico su gomma è in costante diminuzione da oltre 10 anni: allora a cosa serve aumentare le potenzialità quando già l’attuale linea è sottoutilizzata? Il dipartimento federale dei trasporti svizzero sulla linea Torino-Modane, su cui da anni viaggiano anche i Tgv francesi, calcolava che nel 2009 siano transitate 750 mila persone; sapete quante erano 20 anni fa? Erano il doppio: un milione e mezzo. I promotori del Tav, che prevedevano un incremento fino a 8 milioni e mezzo di passeggeri entro il 2002, vent’anni fa dicevano: aumenteranno a L'oceanico corteo No-Tav del 3 lugliodismisura i passeggeri nei prossimi anni. In realtà si sono dimezzati in 20 anni i passeggeri sulla Torino-Modane: non solo le merci, ma anche i passeggeri stanno diminuendo.
La valle di Susa già ospita una linea ferroviaria internazionale che è quella del Fréjus, il cui binario in salita è stato completato solo nel 1984, mentre la galleria del Fréjus risale al 1870. Negli ultimi tre anni la tratta alpina della storica linea è stata utilizzata per meno di 1/4 della sua capacità. Com’è andato l’esperimento dell’autostrada ferroviaria per trasferire le merci su rotaia? Per ora l’unico esperimento è stato quello dell’autostrada ferroviaria alpina avviato nel 2003 sull’attuale linea: nonostante l’impegno e i finanziamenti europei, 12 milioni all’anno attualmente sospesi, l’esperimento si è rivelato un fallimento perché ha assorbito in media solo il 2% del traffico su strada.
Quanto e di quale tipo sarà l’impatto ambientale della costruzione del Tav? Secondo le stime i cantieri del Tav Torino-Lione durerebbero non meno di due decenni; il tunnel di base comporterebbe lo smaltimento di circa 18 milioni di metri cubi di materiale da scavo che sono anche inquinanti, perché ovviamente contengono anche sostanze tossiche, a volte radioattive, da trattare in maniera particolare: in vent’anni, per portare via questi 18 milioni di metri cubi di materiale da scavo, ci vorrà un milione di viaggi in tir. Le montagne della valle di Susa sono notoriamente ricche di rocce amiantifere e di uranio, senza contare le ricadute dello scavo sul sistema idrogeologico come già è accaduto nel Mugello, dove ci sono frane, falde Il popolo No-Tavacquifere essiccate, disastri ambientali che pagheremo nelle prossime generazioni.
A cosa serve e a quanto costa il tunnel esplorativo di Chiomonte, quello su cui si è concentrata la battaglia per l’apertura sia pure simbolica del cantiere, il tunnel geognostico in loc. La Maddalena a Chiomonte servirà a sondare le caratteristiche della montagna, perché non sappiamo neanche quello che c’è dentro, il progetto prevede un tracciato di 7 chilometri, metà dei quali in corrispondenza del futuro tunnel di base, il resto dovrebbe servire da galleria di servizio. L’opera costerà 165 milioni e è finanziata dall’Unione Europea che comunque non sono soldi dei marziani, sono sempre soldi nostri, anzi noi ne diamo all’Europa più di quanti l’Europa non ce ne dia e forse fa bene, visto come li sperperiamo.
I politici parlano in televisione, parlano ai giornali, parlano nei loro comizi sempre più protetti e sempre più ristretti, ma non parlano mai a quelle popolazioni. E’ impressionante che alla manifestazione, dove c’erano comunque 70 mila persone, non ci fosse nessun Segretario di nessun partito rappresentato in Parlamento; c’era solo Paolo Ferrero della Federazione della Sinistra che ha avuto in solitudine la possibilità di dialogare con tutte queste persone perché non c’era nessun altro politico. I politici scappano e mandano i poveri poliziotti a combattere come sempre una guerra che non è la loro. Non so se abbia ragione Grillo quando dice che i black block sono in Parlamento; i black block sono gente che va a fare casino, sono gente che va arrestata quando commette violenze, ma non commette violenze per conto terzi.
C’è un’unica categoria che è peggio di quelli che commettono violenze con le proprie mani e sono quelli che mandano gli altri a commettere le violenze al posto loro. Perché loro sono violenti, nella testa e nella loro politica, ma non hanno neanche il coraggio di andare a esercitarla con le loro mani, la violenza. E quindi si nascondono dietro a altri mandandoli a manganellare gente che vuole, per la stragrande maggioranza, semplicemente vivere tranquilla e non essere deturpata, distrutta, devastata, avvelenata da un cantiere che, fino a che non ci dimostreranno il contrario, è totalmente inutile e molto dannoso. E forse, se e quando avremo speso quei 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80 miliardi per completarlo, dalla Grecia arriverà notizia che i greci temono di fare la fine dell’Italia.
(Marco Travaglio, estratti da “Giornali black col cervello in bloc”, da “Il Fatto Quotidiano” del 5 luglio 2011).

Tav, mafia e menzogne: ma i “barbari” valsusini vinceranno

Il centro è cieco, la verità si vede dai margini. Quest’affermazione di metodo, propria degli studi post-coloniali e anche della più recente “antropologia di prossimità”, mi è tornata in mente la mattina del 27 giugno alla Maddalena, frazione di Chiomonte, quando visto da lassù – da quel fazzoletto di terra sulla colletta che divide il paese dall’autostrada del Frejus – il mainstream che ha segnato ossessivamente la vicenda della Tav è apparso di colpo per quello che è: vuota somma di affermazioni prive di senso reale. E si è affermata una realtà totalmente altra rispetto a quella che viene raccontata nei “luoghi che contano”, nei palazzi del potere, nelle redazioni dei giornali, dagli opinion leaders metropolitani.
Prendiamo la questione dei soldi. Il mantra che viene recitato “al centro” – e “in alto” – ripete che l’Italia rischia di perdere i 680 milioni di euro i valsusini resistono allo sgomberodell’Europa se non aprirà il fatidico cantiere. Qui, in questa estrema periferia, tutti sanno che, al contrario, l’Italia potrà guadagnare (o risparmiare, se si preferisce) qualcosa come una ventina di miliardi di euro se quel cantiere non aprirà. Se la follia della Tav in Val Susa non si compirà. Tanto si calcola che sarà il costo finale dell’opera per il nostro Paese, comprensivo dei quasi 11 miliardi della tratta internazionale, a cui vanno aggiunti i quasi 6 miliardi (a prezzi 2006) della tratta italiana.
Una cifra enorme, pari a quasi la metà della manovra “lacrime e sangue” che il governo sta varando per tentare di sanare il bilancio pubblico, frutto di un calcolo del tutto prudenziale (c’è chi, sulla base dell’esperienza, calcola un costo finale superiore ai 30 miliardi!), per un’opera marchianamente, spudoratamente inutile. Un’opera concepita e progettata in un altro tempo (gli anni ‘90 del turbo-capitalismo trionfante) e in un altro mondo (quello della globalizzazione mercantile e dell’interconnessione sistemica di un pianeta votato al benessere). Sulla base di previsioni di crescita dei flussi di traffico fuori misura e tendenzialmente illimitate, frutto dell’estrapolazione di un trend contingente ed eccezionale (i tardi anni ‘80 e i primi anni ‘90, quando effettivamente la circolazione internazionale e a medio-lungo raggio delle merci subì una brusca accelerazione), rivelatesi poi fallaci.
Si ipotizzò allora un rapido raddoppio dei circa 10 milioni di tonnellate transitate nel 1997 sulla linea ferroviaria Torino-Modane (la cosiddetta linea storica), che avrebbero portato rapidamente a saturarne la capacità (calcolata in circa 20 milioni di tonnellate) entro il 2020, con una crescita lineare ed esponenziale del flusso. Si sostenne (delirando, possiamo ben dire oggi) la necessità di garantire, con la nuova linea, una capacità di transito pari ad almeno 40 milioni di tonnellate, al fine di trasferire su rotaia buona parte dei volumi di traffico su gomma. Non si sapeva, allora, che il 1997 era stato il culmine di una curva che, esattamente dall’anno successivo, avrebbe incominciato a scendere, senza più fermarsi: era già scesa a 8,6 milioni di tonnellate nel 2000. Cadrà ancora a 6,4 nel 2004, a 4,6 nel 2008 per l'autostrada del Fréjus occupata dalla poliziagiungere infine al livello minimo di 2,4 milioni di tonnellate nel 2009 (anno in cui, secondo quelle proiezioni folle, avrebbe dovuto sfiorare i 15 milioni)!
Oggi, la sola “linea storica” (sfruttata a meno di un terzo delle sue possibilità), sarebbe tranquillamente in grado non solo di garantire l’intero flusso di merci attraverso il confine con la Francia, ma di assorbire addirittura (cosa puramente teorica) l’intero traffico su gomma (all’incirca 10 milioni di tonnellate annue, anch’esso in costante calo), senza significativi costi aggiuntivi (se non le irrisorie cifre necessarie a realizzare il maquillage della linea esistente).
Sono numeri ben presenti a qualsiasi anziano valsusino seduto sull’erba del prato della Maddalena, a ogni ragazzo accampato (fino a lunedì) nelle tende del bivacco, a ogni casalinga di Bussoleno o di Venaus. Solo i “decisori” centrali, i politici di lungo corso, gli addetti all’informazione nazionale continuano a ripetere, come organetti rotti, le cifre di ieri, imbozzolati nel La resistenza dei valsusini a Chiomontecavo del loro mondo scaduto, ciechi ad ogni evidenza, compresa quella mostrata dalle loro stesse statistiche ufficiali.
Oppure prendiamo un altro tema caldo, nella discussione attuale sulla Valle di Susa: il tema della legalità. Dal “centro del centro” – dal Viminale – il ministro Maroni proclama, mentre i suoi 2000 uomini si avvicinano alle barriere che difendono la Libera repubblica della Maddalena: «Di là ci possono essere i professionisti della violenza, di qua ci sono i professionisti della legalità, dell’antiviolenza, professionisti che sanno cosa fare, abituati a combattere il terrorismo, la criminalità organizzata, a combattere chi usa i kalashnikov e la lupara». Qui, invece, nella periferia delle periferie, sul ponticello della strada che da Chiomonte porta al sito archeologico sulla collina, la gente della valle guarda le ruspe che avanzano circondate – embedded – dai plotoni di agenti in assetto antisommossa, e grida «mafia».
Sanno che la storia di alcune di quelle ditte che hanno messo a disposizione i propri mezzi è disseminata di vicende giudiziarie, d’indagini della magistratura e della Guardia di finanza per reati come “associazione a delinquere”, “turbativa d’asta”, falsa fatturazione, corruzione… Ci sono i ritagli dei giornali con le notizie degli arresti d’imprenditori, a più riprese, nei tardi anni ‘80, all’inizio dello scorso decennio… Basterebbe poco ai cronisti “centrali” – uno sguardo ai propri archivi, de “La Stampa”, di “Repubblica” – per documentarsi. E se è vero che i trascorsi giudiziari non bastano per emettere una sentenza di colpevolezza attuale, è pur anche vero I No-Tav attendono l'irruzione della polizia a Chiomonteche l’impatto di quello strano mix di Stato e di sospetto “antistato” ha un effetto devastante sui sentimenti collettivi di una popolazione che dallo Stato vorrebbe essere protetta e non attaccata. È il mondo che appare alla rovescia. E insieme terribilmente vero.
Possiamo chiederci il perché di questa distonia ottica, che rende così cieco (e ottuso) il “centro” e così lungimirante il “margine”. Che acceca chi in teoria avrebbe tutti gli strumenti per guardare ad ampio raggio, e al contrario rende visionario chi in teoria dovrebbe essere “tagliato fuori”. Una risposta – ineccepibile – la offre la letteratura più radicale della galassia post-coloniale statunitense, quella ascrivibile al femminismo nero, capace di muoversi acrobaticamente tra esclusione estrema e inclusione letteraria, ben testimoniata da Bell Hooks con il suo “Elogio del margine”. Qui la capacità di aprire il tempo dello sguardo laterale è ascritta al suo carattere di “spazio di resistenza”. Alla bi-direzionalità di quello sguardo, rivolto contemporaneamente verso l’interno e l’esterno: libero dunque. Non Marco Revelliprigioniero. E alla sua irriducibilità al mainstream e al peso falso che lo connota.
Chi se ne fa portatore sa, durissimamente, chi è e cosa non intende diventare. A lui si addicono le strofe di Bob Marley: «We refuse to be what you wont us to be, we are what we are, and that’s the way it’s going to be» («rifiutiamo di essere ciò che voi volete farci essere, siamo quel che siamo e voi non ci potete fare proprio niente»). Ma è possibile affiancare a questa anche un’altra ipotesi. Ed è che il centro è cieco perché sta crollando. Perché il mondo di cui si è fatto centro sta “venendo giù”. E come nella Bisanzio cantata da Guccini – «sospesa tra due mondi e tra due ere» – sono i barbari dei confini, non i senatori del Campidoglio, a sapere già la verità.
(Marco Revelli, “Tav, la ragione dei barbari”, da “Il Manifesto” del 1° luglio 2011).

Grillo: la disperazione dei falliti che vogliono la Tav

Ieri in Val di Susa c’era la nebbia. Non era solo quella dei fumogeni. Era la nebbia della disinformazione. Oggi sono additato dai media di Stato (se un giornale è pagato con finanziamenti pubblici diretti o indiretti è, per definizione, un giornale di Stato) come fomentatore di violenti. Questo non è assolutamente vero. Ieri ho chiamato eroi i valsusini che manifestavano pacificamente, come fanno da anni, per il loro territorio. Sono il primo a condannare e a voler sapere chi sono i black bloc annunciati dai media da giorni. Li trovino, li arrestino. La nebbia dei media è calata sulle ragioni della protesta. Sempre ignorate. Non ha speso una parola sui motivi per i quali un’intera valle è contraria alla Tav. Non ha spiegato le ragioni dei valsusini.
La Tav, l’ho scritto decine di volte in 7 anni, non serve. Non è un treno ad alta velocità, ma un treno merci che dovrebbe trasportare in un lontano Beppe Grillo a Chiomonte il 3 lugliofuturo carichi inesistenti e in diminuzione da un decennio sull’attuale tratta ferroviaria della Val di Susa. Esiste già, infatti, una linea merci che collega Torino a Modane completamente sottoutilizzata. Un tunnel di 57 chilometri. L’opera sarà finita tra venti anni, un periodo infinito, in cui si prevede un’ulteriore diminuzione dei trasporti europei. A che serve la Tav? Ma soprattutto a chi serve? Chi ci guadagna? Il costo previsto è di 22 miliardi a carico della collettività. La Ue ci darà solo 672 milioni (soldi nostri comunque, dato che diamo ogni anno circa 13 miliardi alla UE e ne riceviamo 9). Perché nessuno confuta questi dati?
Tremonti ha appena annunciato una manovra di 47 miliardi di tagli e di tasse per evitare il default, ma la ennesima Grande Opera s’ha da fare, come sempre a spese degli italiani. Vedo in questo accanimento dei partiti per la Tav, che per primi sanno essere inutile, la disperazione di chi ha fallito, ma non può tornare indietro. Se non ci fossero stati Fukushima e il referendum quante decine di migliaia di uomini avrebbero dovuto mobilitare per costruire le centrali nucleari che nessun italiano voleva, ma la politica assolutamente si? Questa è l’Italia della nebbia dei media che copre ogni cosa. Ich bin valsusiner!
(Beppe Grillo, “Nebbia in Val di Susa”, dal blog di Beppe Grillo del 4 luglio 2011).


Caro Serra, apri gli occhi: i No-Tav tifano per tutti noi

Caro Michele Serra, anche se non ti conosco di persona, ti parlo con la confidenza di chi ti legge da decenni. Sono sicurissimo che nella tua casella e-mail, dopo la tua “Amaca” del 28 giugno sulla Tav, si sta riversando un subisso di messaggi, compresi quelli molto sgradevoli e arrabbiati. E ti riferiranno pure che la blogosfera e i social network sbucciano ogni singolo rigo della tua riflessione. In anni di polemiche ti sarai fatto una buccia molto grossa. Mi chiedo fino a che punto questo tegumento protettivo, una mesta corteccia di pantofole, finirà per coincidere con il cinismo conservatore che da tempo ha vampirizzato il cinismo arguto del satiro che fu. Un tempo il tuo cinismo era civismo. Oggi è solo un distacco ammodo e perbene dai rumori di questo mondo fastidioso.
Mentre te ne stai lì distante, somigli come una goccia d’acqua a quei giornalisti che una volta avevi criticato – cito a memoria – «per non saper SGOMBERO NO TAV CHIOMONTEleggere i comunicati stampa che ci manda la natura». Ricordi? Parlavi di un lago grande come la Lombardia che si era formato da un anno all’altro in Sudamerica dopo lo scioglimento di un ghiacciaio andino, e ti turbava che la stampa mainstream dedicasse solo distratti trafiletti a una notizia che la gerarchia della realtà doveva sparare a titoli cubitali. Poi te ne sei presto dimenticato anche tu, e oggi non ti fai più nemmeno queste domande, perché segui la grande corrente delle notizie. A chi dice no alla linea Tav concedi tutt’al più che si tratti di «un sacco di gente brava, ragionevole e informata». Come quando diciamo «in fondo è una brava persona».
Giornalisticamente è un po’ pochino.
Togliti, anzi, scorticati per favore quelle pantofole. I giornalisti sciupano ben altre suole, se vogliono. Prova a riconoscere in modo meno sfuggente quanto davvero quella gente sia «ragionevole e informata». Scoprirai che – partendo dai problemi di una piccola realtà territoriale – c’è un popolo che sa a menadito le regole europee, tesse relazioni di raggio continentale, studia gli intrecci societari delle imprese-monstre dei consumatori di suoli. E scoprirai che dentro queste corporation non scorge luminosi europeisti, bensì lobbysti che truccano le aste, corrompono i politici e approntano il letto alla ‘ndrangheta. Il tutto con la benedizione delle banche.
La gente che resiste all’alta velocità in val di Susa non sa che farsene delle trombonate di chi promette speranze europee. Prima di fare il Carducci «su larga scala» di una nazione europea che ci salverà, caro Serra, prova ad affacciarti su un qualunque tinello della fu classe media di Atene per NO TAV - tensione in Val di Susaraccontare ai greci che «a favore di quel buco c´è l´Europa». Credo che riceveresti “τα ψάρια στο πρόσωπο”. E anche qualche “ντομάτα”.
Perché non è affatto vero che l’antitesi sia fra gli umori reazionari delle piccole patrie e la missione civilizzatrice di «un’idea di mondo più funzionale e dinamica». Guarda caso tra le realtà più tenaci della Resistenza che si oppose alla macchina da guerra germanica (a suo modo assai «funzionale e dinamica») troviamo le piccole patrie, le repubbliche partigiane delle valli. Lo sai cosa fanno i partigiani della val di Susa che muoiono in questi anni? Fanno avvolgere le loro bare con la bandiera No Tav. Ti sembra etnicismo regressivo, questo? Non cogli il significato storico, morale, culturale di un passaggio di testimone?
Voglio proprio vedere dove sta di casa la «sentina di ogni grettezza reazionaria, di ogni chiusura di orizzonte». I valsusini hanno uno sguardo a trecentosessanta gradi, altro che orizzonti chiusi. Mentre le redazioni son piene di struzzi, questi valligiani si guardano intorno, studiano e vedono. Vedono che la loro vicenda non è l’unico “cortile” che si vuole devastare. Vedono che c’è il Mose di Venezia, il Ponte sullo Stretto, i nuovi grattacieli milanesi, la bretella autostradale ligure della Gronda, le devastazioni militari in Sardegna, le tante opere inutili e dannose.
Se guardi a queste opere faraoniche, sono l’unica speranza che le classi dirigenti possono agitare per cavar sangue dalle rape e iniettarlo in una qualche “crescita economica”, ossia un modello di sviluppo ormai dannoso. Diciamo pure un cane morto, che si vorrebbe rianimare con i miliardi sottratti alle scuole. E il volto dell’Europa, l’unico sembiante dell’Europa che oggi concretamente si presenta, qual è? È quello che chiederà ogni anno per i prossimi vent’anni decine di miliardi di euro in sacrifici e tagli. O conosci altri volti politici dell’Europa? Mi dici quali sono? Quali forze politiche Michele Serraesistenti li incarnano? Volti che siano tangibili, non fumosi, spendibili nel dialogo con quelle genti che dovrebbero farsi distruggere la terra, in val di Susa come altrove?
Citi la coerenza di Borghezio. Il suo mondo non è poi così coerente, visto che la Lega vuole l’alta velocità. Però è sicuramente possibile che personaggi terribili come lui, che criticano l’Europa dei banchieri con un’intensità che l’attuale sinistra non osa nemmeno affrontare, arrivino a vincere su tutta la linea, dopo che le nostre classi medie saranno impoverite con la complicità della sinistra. O nutri qualche speranza nel Pd?
(Pino Cabras, “Lettera aperta a un cinico”, da “Megachip” del 30 giugno 2011, in risposta a “l’Amaca” di Michele Serra apparsa su “Repubblica” il 28 giugno).
Il testo di Serra: «Siamo come i galli contro i romani», dicono i no-Tav. Duole ricordare loro che i romani  travinsero, e usando una potenza soverchiante al cui confronto le legioni di Maroni sono una delegazione amichevole. Giocava, in favore dei romani, un salto tecnologico (e politico, scientifico, amministrativo, culturale, burocratico) di qualche secolo. Chi vince soggiogando popoli e paesaggi non è mai simpatico, ma spesso incarna un´idea di mondo più funzionale e dinamica, che sta in piedi perché (e fino a che) favorisce molte più persone di quante ne danneggia. La lotta dei no-Tav ha molte buone ragioni, e a parte i fanatici che usano quel luogo e quella situazione come una palestra (una vale l´altra), un sacco di gente brava, ragionevole e informata è contro quel buco nella montagna. Ma a favore di quel buco c´è l´Europa, e per quanto arbitraria e discussa sia, l´istituzione transnazionale che chiamiamo Europa è la sola speranza che abbiamo di un futuro pensato su larga scala, e condiviso con altri popoli. Un futuro che ci salvi dalla dannazione delle Piccole Patrie, che sono la sentina di ogni grettezza reazionaria, di ogni chiusura di orizzonte. Non possiamo invocarla quando ci fa comodo, l´Europa, e maledirla quando mette il naso nel nostro cortile. O la malediciamo sempre, come fa con qualche coerenza Borghezio, o ne accettiamo lo scomodo ma autorevole patrocinio».



Travaglio: fermeremo questa Tav di ladri e cialtroni

Si è arrivati ai manganelli, al lancio di oggetti tra una popolazione esasperata da una minaccia così catastrofica come quella di un cantiere di 15/20 anni che avvelenerà chiunque abiti nei dintorni e i poliziotti che sono stati purtroppo mandati a presidiare ditte private che hanno vinto appalti tutt’altro che in maniera trasparente, affinché possano iniziare i lavori in tempo per non perdere i preziosi finanziamenti europei, come se i finanziamenti europei li dovessimo prendere per forza, se l’Europa un giorno decidesse di finanziare una fabbrica che spara merda sulla gente noi cosa facciamo, soltanto per prendere i finanziamenti europei spariamo merda sulla gente?
Che senso ha questo totem dei finanziamenti europei? Bisognerebbe andare a vedere i finanziamenti per cosa, se ci servono, se lo scopo ci interessa o Marco Travaglionon ci interessa, gli abitanti hanno deciso che non vogliono quell’opera. Gli italiani, se chiamati a un referendum e debitamente informati, non vorrebbero quell’opera, ormai è chiaro qual è l’orientamento degli italiani a proposito di questo modello di sviluppo che risale agli anni 70/80 fatto di opere elefantiache, fatto di cemento, di asfalto, di progetti faraonici che non hanno più alcun senso nel terzo millennio, eppure questo governo di morti e questa finta opposizione di morti, continuano a far combattere le loro guerre dagli altri, continuano come diceva Ricucci “a fare i froci con il culo degli altri”, con quello dei poliziotti costretti a atteggiarsi in assetto antisommossa e dall’altra parte la popolazione è costretta a scontrarsi con questi poliziotti; sono entrambi vittime di una guerra che nessuno che abbia un minimo di cervello vuole, tranne coloro che hanno interessi a prendere quei soldi e forse a spartirseli.
Spesso capita che si dia per scontato che si fa una certa opera pubblica e come avviene nel 90% dei casi in Italia quando parte un’opera pubblica ci sono le tangenti, se poi quell’opera pubblica per qualche intoppo si blocca, chi ha preso le tangenti è beh, o la restituisce oppure deve garantire che quell’opera riparta, non vorrei che in futuro si scoprisse che anche per il Tav, come in tanti altri casi è accaduto questo, da un certo punto di vista me lo auguro che sia accaduto questo, perché almeno avremmo una spiegazione logica sul perché, a proposito di un’opera così assurda, così impopolare tutti i partiti si accaniscono al costo di militarizzare una valle per anni, a sostenere una cosa che tanto varrebbe lasciar perdere, che interesse c’è a Chiomonte, lacrimogeni contro i valsusinitrasformare la Maddalena, la Valle di Susa, le zone del Tav in un campo di battaglia permanente?
Che interesse possono avere i partiti a far menare la gente che protesta, a farla sgomberare, non ora, tante altre volte in passato e chissà quante altre volte in futuro? Che altro interesse possono avere? O sono stupidi oppure c’è qualcosa che non ci dicono, l’idea che siano innamorati del progetto del Tav è un’offesa troppo sanguinosa all’intelligenza media delle persone perché ci possono credere, sia come sia a rappresentare nei tavoli istituzionali le ragioni del Tav c’è tra gli altri un certo Paolo Comastri che non è mica un passante, è il direttore generale della società che vuole costruire il tunnel dentro la montagna, la società si chiama Ltf (Lyon Turin Ferroviaire); questo Paolo Comastri un mese fa è stato condannato a 8 mesi di reclusione in Tribunale in primo grado a Torino per turbativa d’asta per avere cercato di pilotare l’appalto per la costruzione della discenderia di Venaus che è una delle cose propedeutiche alla costruzione del tunnel; questo Comastri per conto della Ltf ha dato delega ai suoi legali per chiedere i danni in sede civile a alcune persone che si oppongono da anni alla costruzione di quel mostro, pare che abbia chiesto loro 228 mila euro.

Bene, uno che viene condannato per turbativa d’asta, dovrebbe scomparire dai tavoli istituzionali; nessun politico, nessun sindaco, nessun rappresentante del governo, della Regione, della Provincia, del comitato di quartiere dovrebbe più sederglisi accanto, perché? Perché non è stato mica condannato per furto di bestiame, è stato condannato in primo grado per il momento, sulla base di intercettazioni telefoniche che se andate a cercare il pezzo di Barbacetto sul sito di “Società civile” sono molto eloquenti, riguarda proprio l’appalto per il Tav – truccato – e quindi come possono i politici e gli amministratori pubblici discutere di queste cose con uno che ha fatto queste cose? Vedete che c’è qualcosa che non ci viene spiegato ma che ragionando e mettendo insieme qualche collegamento, qualche nesso, sgombero 1collegando i puntini, il disegno viene fuori e molto spesso è un disegno a forma di mazzetta, o almeno di turbativa d’asta.
Naturalmente bisognerebbe sempre mantenere i nervi saldi, bisognerebbe che tutte le migliaia di persone che manifestano tenessero le mani a posto; non è facile, devo dire, per chi vive in quei posti e per chi vede minacciata la vita propria e dei propri figli e dei propri nipoti restare tranquilli, noi dobbiamo sempre raccomandare a tutti di stare tranquilli per non dare pretesti e per non far male a nessuno, ma un giorno o l’altro a qualcuno potrebbe anche venire il dubbio che lanciare qualche oggetto faccia meno male che provocare tumori o dissesti polmonari con un cantiere che disperderà non si sa ancora quali sostanze minerali scavando 50 chilometri dentro una montagna e altri 20 chilometri dentro altre montagne in uno spazio molto ristretto di poche decine di chilometri. Quindi non bisogna lanciare i sassi, ma bisogna fare di tutto perché quel tunnel non si faccia, io credo che quel tunnel non si farà mai e credo anche che questa sia la migliore dimostrazione che a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca, come diceva un politico infame ma molto navigato.

Perché lo sanno anche i politici che difendono a spada tratta il Tav, che quel Tav non si farà mai, a meno che non pensino che lo Stato italiano possa militarizzare la Maddalena, la valle di Susa e tutte le località coinvolte nel tracciato per i 15/20 anni del cantiere, cosa assolutamente impossibile: anche le missioni di guerra in Iraq e in Afghanistan (una è già finita in Iraq, l’altra finirà l’anno prossimo in Afghanistan) non reggono per più di 10 anni: potete immaginare che noi avremmo l’esercito, i cacciabombardieri, gli elicotteri che volteggiano, i carri armati per proteggere le ruspe a dispetto della popolazione locale? Mi auguro, dato che siamo dei democratici, che la gente si ricordi i nomi e i cognomi e le sigle di partito di quelli che hanno plaudito alla militarizzazione della valle, costringendo i poliziotti e i cittadini Chiomonte, poliziotti in azionea farsi del male in una guerra che non è la loro, combattuta da altri sulla loro pelle.
Che si ricordino il Pdl, che si ricordino il Pd, che si ricordino l’Udc e il Polo di centro e che si ricordino la Lega, quella “padroni a casa nostra”, quella “il popolo sovrano” quella “il federalismo”: bene, questi cialtroni stanno sputando sul popolo sovrano, sulle piccole patrie, sulle comunità locali imponendo da Roma, se non da Bruxelles, una cosa che si dovrebbe fare solo e esclusivamente con il consenso delle popolazioni. Prima si trova il consenso delle popolazioni, poi si fa l’opera esattamente come hanno fatto i francesi dall’altra parte delle Alpi: prima hanno convinto le popolazioni, hanno ascoltato le popolazioni, hanno dato alle popolazioni ciò che si poteva dare loro e con il loro consenso hanno iniziato a costruire.
Senza il consenso delle popolazioni queste opere non si possono fare, non c’è niente da fare!
Non è la sindrome Nimby, non è il non in casa nostra, perché se c’è bisogno per la nostra vita di un qualcosa che pure ci dà fastidio è giusto che si faccia anche in casa nostra, per questa opera non c’è alcun bisogno, o almeno nessuno ne ha sentito il bisogno, salvo alcuni burocrati e temo alcuni tangentisti, l’unica cosa che si può fare è stare con gli occhi aperti e possibilmente essere vicini alle popolazioni che protestano, magari dato che sono pure bei posti, organizzando dei bei weekend, dei bei viaggi, andare a portare la solidarietà per uno, per due, per tre giorni a chi sta lì a presidiare anche per conto nostro, su gente ci sarà nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, più è improbabile che questo governo di morti e questa opposizione di morti abbiano il coraggio di continuare con i manganelli e le ruspe.
(Marco Travaglio, estratti da “Tav in val Susa, né ora né mai: lo Stato contro i cittadini”, dal blog di Beppe Grillo e da Il Fatto Quotidiano del 28 giugno 2011).

Giulietto Chiesa: i No-Tav ci aiutano a difendere l’Italia

«Si può essere più antichi di coloro che credono nelle botte come un modo per risolvere il problema? Anche il rispetto della volontà popolare fa parte della storia del progresso». Parola di Furio Colombo, che Giulietto Chiesa cita nel suo ultimo video-editoriale all’indomani dell’alba di guerriglia vissuta coi No-Tav nella trincea di Chiomonte. Costretto con un migliaio di profughi a cercare scampo nel bosco, Chiesa non ha dubbi: la Torino-Lione non si farà mai e la ritirata dei valsusini da Chiomonte è stata un successo, perché ora l’Italia si accorgerà che la cricca che vuole devastare la valle di Susa è la stessa a cui gli italiani hanno appena impartito la storica lezione dei referendum per i beni comuni.
La «grande offensiva delle cosiddette forze dell’ordine contro la valle di Susa» per Giulietto Chiesa «è una cartina di tornasole che rivela molte cose: la "battaglia" di Chiomonteper esempio che la ex sinistra, quella dei Bersani & company, sta con Maroni; e che Fassino, sindaco di Torino, e Chiamparino, l’ex sindaco, tutti e due Pd, stanno con Cota, della Lega. E perfino un ex di sinistra come Michele Serra scrive su “Repubblica” schierandosi coi palazzinari che vogliono l’alta velocità ed esalta i cementificatori della valle in nome di “un’idea di mondo più funzionale e dinamica” che sarebbe rappresentata dall’Europa, “contro le piccole patrie, sentina di ogni grettezza reazionaria”». E questi sarebbero i No-Tav della val di Susa? «E’ evidente», commenta Chiesa, che Michele Serra «non sa neanche di che parla», eppure non esista a schierarsi: con “l’Europa”, che quel buco lo vuole, perché simbolo di modernità.
«Non si è accorto, Michele Serra, che quest’Europa sta mettendo in ginocchio i suoi popoli, imponendo loro di pagare» a unico beneficio dei più ricchi, «cominciando dalla Grecia per arrivare fino a noi, magari passando sulla testa e sul corpo degli spagnoli, degli irlandesi, dei portoghesi». L’Europa che vuole il buco della Torino-Lione «è la stessa Europa che vuole rompere il patto sociale con i suoi popoli: cioè, ci vuole rompere la schiena». Non solo i No-Tav hanno ragioni da vendere, continua Chiesa, ma rappresentano tutto il popolo della valle «e stanno dando una lezione di intelligenza e di democrazia non solo ai dirigenti politici di Torino e del Piemonte, ma a tutto il Paese: sono saggi, li ho visti e sentiti nell’assemblea di Bussoleno che è seguita all’attacco e ho visto che sono intelligenti e I valsusini si oppongono allo sgomberomaturi, questi anni di lotta contro la Tav sono diventati una vera e propria grande assemblea democratica».
Giulietto Chiesa ricorda le parole di un giovanissimo con cui ha condiviso la “ritirata” nei boschi per sfuggire alla grandine tossica dei lacrimogeni: «Abbiamo dovuto ripiegare sotto una pressione troppo forte, ma è così che si deve fare: ritirarsi in buon ordine; poi verrà il nostro turno, e li assedieremo». Chiesa approva: «Una fantastica saggezza, davvero, da un ragazzo che avrà avuto 22-23 anni». Scontata, l’indomani, «la canea dei media, all’unisono, pronti a bollare i No-Tav come sentina di campanilismo e ignoranza, proprio come ha fatto Michele Serra». Impossibile non vedere «la menzogna trapelare da ogni riga del grande mainstream: descrivere i sassi lanciati da qualche manipolo di ragazzi venuti da fuori, pochi sassi che non hanno ferito nessuno, e scambiarli per la realtà della val di Susa: che cecità».
Ritirandosi, insiste Giulietto Chiesa, i valsusini hanno vinto: hanno costretto lo Stato a usare la forza contro di loro e, per la prima volta, l’offensiva della polizia e del governo non ha potuto impedire la crescita della simpatia nei loro confronti: «Per la prima volta ci son state reazioni praticamente in tutta Italia, in decine di città. E ce ne saranno ancora: il vento cambia, e la gente – anche fuori della val di Susa – comincia a capire che di questi lanzichenecchi che ci governano non c’è da fidarsi, soprattutto se usano i lacrimogeni». Il giorno dopo l’attacco, in ventimila sono sfilati per una fiaccolata a Susa: il che dimostra quanta gente c’era intorno a quei tremila che hanno fatto la militanti No-Tav resistono allo sgombero di Chiomontenotte in attesa dell’attacco. E per domenica 3 luglio si annuncia una manifestazione probabilmente oceanica.
«Non ho dubbi che la prossima sarà una manifestazione immensa – dice Giulietto Chiesa -  perché ho parlato con tanti, nei 2-3 giorni che son stato lì, e ho capito che non arretreranno, che manterranno la loro tranquilla, sicura certezza di poter vincere. Perché io credo che vinceranno, e faranno un grande assedio pacifico in mezzo al deserto che circonda quel cantiere che dovrebbe costruire una cosa che non sarà costruita». L’alta velocità non si farà, semplicemente perché non si può fare: «E’ un progetto di stupidità sesquipedale, non ci sono i soldi per farla e, nel momento in cui si dovesse cominciare a fare i primi buchi, si scoprirà che davvero saremo già nel pieno di una crisi. Se Michele Serra sapesse tutto questo, non scriverebbe le scemenze che ha scritto».
Per Giulietto Chiesa, «è cominciata l’offensiva per salvaguardare i beni comuni che ci vogliono portare via». Prima i referendum, «che han dimostrato che c’è un’altra Italia che sembra decisa ormai a difendersi: esattamente come fanno, in massa, gli abitanti della val di Susa». Chiesa rileva una analogia molto forte: «Anche la val di Susa è un bene comune, e questo comincia a farsi strada. Quando difendiamo l’acqua pubblica e diciamo che non vogliamo il nucleare difendiamo la nostra vita, i nostri beni comuni, la nostra intelligenza, il nostro corpo, la nostra salute. E’ come se difendessimo la val di Susa, e i cittadini della val di Susa è come se difendessero noi, quando dicono che non vogliono quel buco che non serve a nessuno se non a quelli che vogliono speculare. Per questo l’Italia del lavoro sta con i No-Tav. E festeggerà con loro la vittoria: forse già quest’autunno, quando diverrà più chiaro che questo sistema economico e finanziario è una gigantesca truffa ai nostri danni, esattamente come l’alta velocità. C’è molto da fare per salvare il Paese: tutto, salvo che fare quel buco».


No-Tav: la valle di Susa non si arrende, vuole la verità

Nuto Revelli, uno che di Resistenza se ne intendeva, l’ultima volta che passò per la val di Susa – presentando “Il prete giusto”, testimonianza della lotta antifascista di don Raimondo Viale, il parroco montanaro nominato “Giusto d’Israele” per aver salvato centinaia di ebrei – rivolse un accorato appello ai giovani che assiepavano la platea: «Ragazzi, mettetevelo in testa: dovete imparare a dare fastidio». Il mondo vi vuole docili, ripeteva Nuto, ma è un mondo di imbroglioni: e allora, gridare la verità e denunciare l’imbroglio significa esattamente “dare fastidio”. Tanti anni dopo, ecco che suo figlio Marco, sociologo universitario e saggista militante, si ritrova in mezzo ai ragazzi No-Tav al “presidio” della Maddalena di Chiomonte, sotto un assedio di sapore medievale, con barricate e vedette.
Dare fastidio: in vent’anni, all’establishment di ogni colore politico, la valle di Susa di fastidi ne ha dati davvero tanti, con una tenacia che ha Nuto Revellidell’incredibile. Solo loro, i valsusini, avrebbero potuto resistere ad ogni pressione, prendersi un sacco di botte dalla polizia, ricostruire i “presidi” distrutti, marciare a migliaia, invadere strade e binari, fino a costringere le autorità a rinunciare nel 2005 al primo progetto della Torino-Lione. Da vent’anni la valle di Susa ripete la stessa canzone: «Signori, per favore, abbiate almeno la compiacenza di dimostrarci che quella devastante opera faraonica non è completamente inutile». Risposta: silenzio, menzogne, minacce e sleale criminalizzazione dell’opposizione. Chiunque altro si sarebbe scoraggiato, ma non i valsusini: hanno suddiviso i terreni della Maddalena in 1500 micro-lotti e li hanno regolarmente acquistati; ora faranno un’azione legale perché il 27 giugno le forze dell’ordine hanno occupato quei prati «senza una regolare procedura di esproprio».
I No-Tav detestano e contrastano chi si abbandona al lancio di pietre: oltre che inaccettabile violenza, è il modo migliore per essere squalificati da chi non aspetta altro per seppellire definitivamente la protesta. Per questo, alla grande manifestazione nazionale di domenica 3 luglio a Chiomonte, i No-Tav rinforzeranno la vigilanza per controllare, per quanto possibile, infiltrati dell’ultima ora provenienti dall’esterno. La storia del movimento popolare della valle di Susa, comunque, parla da sola: «Ce le hanno sempre date, altro che storie», protesta Alberto Perino. Del resto, bastava dare un’occhiata ai presidianti della Maddalena: ragazzi e ragazze, genitori e nonni, famiglie Chiomonte, ragazzi No-Tav resistono allo sgombero lanciando verniceintere con bambini, lavoratori, cittadini comuni esasperati dal vuoto politico che li circonda, da istituzioni sorde che non vogliono sentir ragioni e, per tagliar corto, ricorrono ai lacrimogeni.
Gli avversari del popolo valsusino hanno tentato di tutto, per ingabbiare la protesta all’interno di schemi antichi, ideologici. Tutto inutile: la valle di Susa è avanti mille anni. Si limita a dire: esigiamo spiegazioni; fino a che non arriveranno, noi non ci muoveremo di qui. Lo hanno fatto per vent’anni e lo faranno ancora, a partire da Chiomonte. Oltre alle bandiere No-Tav, tra i militanti comincia a comparire qualche tricolore. Nel solenne compleanno dei 150 anni dell’Unità d’Italia, è bene che a Roma si ricordino che la valle di Susa è Italia, è più che mai Italia, e che i valsusini che lottano per il diritto alla verità lo fanno anche in nome del popolo italiano, di cui sono parte. Ricordando l’amara lezione di Nuto Revelli, che diceva: hanno istituito le Comunità Montane quando ormai la montagna si era spopolata. La valle di Susa è un’eccezione: 70.000 abitanti sono una comunità vitale. Dare fastidio? Sì: se chi comanda non ti lascia altra scelta. “Se non così, come? E se non ora, quando?”.
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Manifestazione nazionale No-Tav: Chiomonte, domenica 3 luglio 2011. Quattro i punti di concentramento: 1- Exilles, piazzale del Forte, ore 9.30 concentramento principale: arrivo via A32 Torino-Bardonecchia uscita Oulx est. Ritornare ss24 direzione Salbertrand-Exilles. Arrivo via Pinerolo: strada provinciale ss 23 via Sestriere. Proseguire ss 24 per Exilles. 2- Giaglione, campo sportivo ore 9.30: arrivo via Susa ss 25, proseguire per colle del Moncenisio ed entrare al secondo bivio a sinistra, indicazione Giaglione. 3 – Via treno: da Torino, stazione di Chiomonte: partenza Torino Porta Nuova ore 7.20, arrivo Chiomonte 8.26; partenza Torino Porta Nuova ore 8.15, arrivo Chiomonte 8.56. 4 – Per pullman: autoporto Susa, dove ricevere indicazioni e ripartire immediatamente ore 9.00. Arrivo via A 32 Torino Bardonecchia uscita autoporto Susa. Ospitalità: dal pomeriggio di sabato campeggio gratis al presidio No-Tav di Venaus e all’agriturismo Stella di Mompantero; Torino: gazebo informativo piazza Castello e campeggio ai Giardini Reali, “Noway Swat” via Asinari di Bernezzo 21 A (info Gianluca 3472852739). Indicazioni utili per la giornata: ognuno deve essere dotato di sufficente quantità di cibo e soprattutto di acqua (non ci sono fontane in zona, solo poca e alle partenze nei paesi), ognuno deve portare un sacchetto per riportare a casa i propri rifiuti; indossare scarpe comode per camminare almeno 5-6 km.


Vent’anni di lacrimogeni, la ricetta del Pd per la val Susa

Vent’anni di lacrimogeni e di arresti, vent’anni di popolazione perennemente ostile. Questo è uno dei prezzi che ormai sembra disposto a pagare chi si ostina a fare la linea Tav in Val Susa. Gli altri prezzi gli osservatori onesti li hanno già squadernati davanti a noi: sono le devastazioni ambientali, sono le decine di miliardi dirottati dalle infrastrutture necessarie e dalla scuola per essere inceneriti nell’affarismo politico delle classi dirigenti italiane. Vent’anni di lacrimogeni sono un prezzo da esercito coloniale, sono cifre da Cisgiordania occupata. In un clima di conflitto così forte giocano la loro parte infiltrati e provocatori, ma il centro del discorso politico non potrà essere quello, sebbene i violenti pesino e svolgano perfettamente il loro ruolo, quando suscitano moniti, “riflessi d’ordine” e tutte le prevedibili risposte stereotipate che il ceto politico italiano sa sfoderare ancora oggi, dopo decenni di strategie della tensione che non gli hanno insegnato nulla (ma a qualcuno fin troppo)
La casta è aggrappata a una certa idea della legalità, una legalità chimica permanente, uno Stato che odora di orto-cloro-benzal-malonitrile. Sergio ChiamparinoMoltiplichiamo i candelotti lacrimogeni di queste settimane in Val Susa per tutti i casi italiani in cui c’è un conflitto latente fra lo Stato e una comunità locale, e avremo una guerra civile chimica che modifica il concetto di legalità su una scala più vasta. Siamo di fronte a un passaggio preoccupante, che non incontra vere opposizioni all’interno del sistema dei partiti, anzi. Il centrodestra non ha fatto certo autocritica sulla gestione del G8 di Genova di dieci anni fa, e sappiamo dunque cosa aspettarci. Ma non c’è da attendersi nulla nemmeno dall’altro fronte della casta politica. Il Pd ha auspicato e coperto politicamente l’intervento paramilitare che ha espugnato i presidii anti-scavi dei No-Tav.
Prendete l’inquietante articolo dell’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, pubblicato il 1° luglio 2011 su “La Stampa”. A chi si fa ancora fregare da una delle parole ormai più spoglie ed esauste del lessico politico, “riformismo”, Chiamparino offre perfino il richiamo del titolo: “Tav, il riformismo passa dalla Val di Susa”. Solo che non dobbiamo aspettarci i ragionamenti di un Napoleoni o di un Ruffolo. La cifra dell’articolo è tutta nella soddisfazione sogghignante che l’esponente Pd esprime in faccia ai No-Tav, per averli visti «ripiegare con le pive nel sacco». Un linguaggio che reparti antisommossa in val Susasuona poco riformista e suona invece molto come il risolino di un ufficiale sabaudo che si bea di uno scempio soldatesco in una provincia ribelle.
Chiamparino, l’uomo che il Pd vorrebbe mettere in carico dei problemi del Nord per “parlare al territorio” portando i valori degli anni duemila, quando il territorio parla chiaro, come in Val Susa, si dimostra in tutto e per tutto un uomo fermo al 1861. Per lui, come per tutto il Pd, occorre «affermare con nettezza che non esiste un interesse generale ed una legalità autoproclamate da una minoranza come se, parafrasando una ben nota affermazione, interesse generale e legalità si pesassero e non si contassero». Le autonomie locali sono carta straccia. Il modello è il caro vecchio centralismo che passa come uno schiacciasassi sopra le differenze. Pazienza se l’interesse generale di una maggioranza sia in questo caso indimostrato. Pazienza se le preoccupazioni di legalità di questo anacronistico ufficiale dei Savoia non si spingono fino a fare il nome di Paolo Comastri, il direttore della Lyon Turin Ferroviaire recentemente condannato per turbativa d’asta proprio in relazione alla Tav.
C’è nel pensiero (si fa per dire) di Chiamparino la stessa pervicace e distruttiva ostinazione alla base di tutti gli interventi di questi anni a carico di un suolo fragile come quello italiano. C’è la stessa ideologia della “crescita” che deve avvenire anche a costo di consumare il territorio. Per Chiamparino i nemici sono fra «chi ritiene che l’unica strada sia, nei fatti, la decrescita», che lui ribattezza però, truccando le carte, «gestione del declino». Per prendersi il sicuro, anziché combattere il declino italiano con una sacrosanta battaglia per investire nella scuola, Chiamparino si affida alle trivelle, alle quali non vede alternative. Perché? Perché per il riformismo dei maggiordomi dei comitati d’affari non c’è mai alternativa.
Lo dice bene il sociologo Marco Revelli in un’intervista al “Fatto Quotidiano” del 3 luglio 2011: «Per opporti devi essere anti-sistema. Per farlo è necessaria una forte consapevolezza di quello che sei. Ma se abbiamo smarrito la coscienza di noi stessi, allora vale la logica dell’utile». Dovrebbero meditare su questa riflessione tutti gli illusi che si attendono un cambiamento della prossima era post-Berlusconi. La classe dirigente del il corteo No-Tav del 3 luglio a Chiomontecentrosinistra è altrettanto irriformabile. Ha valori e obiettivi politici che non si spostano di un centimetro dai programmi del capitalismo assoluto, dalle cricche affaristiche, e dalle loro costosissime pianificazioni.
Nel sindacato della Fiom – per via delle sue antenne molto sensibili – il segno di questa contraddizione arriva in pieno, e perciò non deve sorprendere poter leggere quanto scrive dal treno il dirigente sindacale Giorgio Airaudo sul suo blog, mentre si reca alla manifestazione No-Tav: «La politica che vuole l’alternativa dovrebbe nutrirsi di questa partecipazione e di proposte che vadano oltre le “grandi opere” finanziate con soldi pubblici che non abbiamo e non avremo, per merci che non avranno bisogno di velocità ma di innovazione di prodotto che tenga conto della riduzione energetica, dei limiti ambientali del pianeta e di garantire il diritto al lavoro per tutte e tutti nella libertà. Vedranno tutto ciò? O è un problema di ordine pubblico anche per il centrosinistra?».
Airaudo ha toccato davvero lucidamente il punctum dolens. Il punto è che il centrosinistra non è «la politica che vuole l’alternativa»; non certo a livello dei suoi dirigenti. E perciò la questione Tav sarà un banco di prova, un laboratorio politico generale per un certo tempo ancora, in cui si disegneranno il profilo del sistema politico italiano, la tutela della libertà, e le priorità dell’economia. Per l’intanto il Pd ha scelto bulldozer e lacrimogeni. Chiamparino, Bersani, Fassino nonché il responsabile sicurezza del Pd, Fiano, hanno fatto una scelta di campo.
(Pino Cabras, “Vent’anni di lacrimogeni?”, da “Megachip” del 4 luglio 2011).