I diari del call center di FEDERICA SPAGONE


Poca o nessuna formazione, strane provvigioni e contratti fantasma: racconti di ieri e di oggi di operatori per caso o per necessità

da www.digi.to.it - federica spagone
Andando a sbirciare nei motori di ricerca online, nei siti specifici e nelle bacheche delle varie agenzie interinali di Torino, la maggior parte degli annunci riguarda la figura professionale di operatore telefonico. E’ così che moltissimi giovani e meno giovani, finiscono per entrare nel mondo decisamente temuto dei call center.
Per comprendere se film italiani come “Tutta la vita d’avanti” e “Fuga dal call center” raccontano la vera situazione dei giovani precari, abbiamo incontrato alcuni “operatori per caso” (di ieri e di oggi) per comprendere meglio questa realtà.

RACCONTI DI IERI: "UN LAVORO ACCETTABILE"
Elisabetta ha 30 anni, adesso è ricercatrice al Politecnico di Torino e ha condiviso con noi la sua esperienza risalente al 2006/2007 in un call center "InBound", che riceve chiamate in entrata: «Mi ero licenziata dal lavoro precedente perché non ero per nulla contenta e tramite un’amica che ci lavorava ho saputo della ricerca di personale in un call center di un noto servizio informativo. Avevo un part time e lavoravo 5 giorni a settimana con un contratto in regola e contributi pagati. Per il primo anno ho lavorato tutti i week and, successivamente ho chiesto spiegazioni poiché da contratto ne avevo uno libero al mese e da quel momento non mi hanno più assegnato un fine settimana. Lavoravamo su turni e io prevalentemente facevo il serale dalle 22 alle 2».
Il lavoro non le dispiaceva: «Era sicuramente più tranquillo rispetto al mattino poiché il flusso delle chiamate era minore, ma c’erano altri inconvenienti come le chiamate di maniaci o pazzi, a cui però dopo il primo impatto scioccante, ci si abituava. Il luogo di lavoro era molto pulito e l’ambiente abbastanza umano anche se alcuni responsabili trattavano gli operatori con sufficienza e facevano preferenze tra vecchi e nuovi nell’assegnazione dei turni e dei giorni di riposo. Con i colleghi c’era un buon rapporto e quando si aveva necessità di un giorno libero differente da quello assegnato si barattavano i propri con quelli degli altri aiutandosi a vicenda. Certo non era un lavoro gratificante - ammette - ed è per questo che appena ho avuto l’occasione di fare quello per cui ho studiato l’ho lasciato, ma era assolutamente accettabile e conosco persone che sono poi salite di grado, andando a ricoprire ruoli più prestigiosi all’interno dell’azienda».

RACCONTI DI OGGI /1: "UN LAVORO BUONO SOLO PER PAGHE E CONTRIBUTI"
Silvia è laureata al Politecnico, ha 27 anni e lavora attualmente in un call center inbound: «Ho trovato impiego in un call center di assistenza clienti tramite agenzia interinale come tutti i miei colleghi. Mediamente gli operatori sono tutti ragazzi che hanno le bollette da pagare oppure laureandi al primo impiego, ma purtroppo per il cliente siamo l’azienda che rappresentiamo, ovvero carne da macello con cui sfogarsi. I miei superiori sono tutti molto giovani - continua - hanno prevalentemente poco rispetto per gli operatori appena arrivati come me  e possono permetterselo poiché quasi nessuno viene rinnovato per oltre tre mesi: ci usano per rimpiazzare nei week and, nei festivi e durante le ferie, i dipendenti interni assunti anni fa. Al momento è un buon lavoro per paga e contributi ma non per l’amor proprio».

RACCONTI DI OGGI /2: "STRANE PROVVIGIONI"
Valentina invece ha 23 anni ed è agente di viaggi, ha lavorato nel 2011 in un call center "Outbound" (chiamate in uscita): «Ho trovato questo lavoro in rete e sono rimasta subito molto perplessa dalla contrattualizzazione proposta poiché, non si trattava di un contratto ma di una lettera di collaborazione ed anche se mi era stato proposto un lavoro con più provvigioni, nessun importo era segnalato sul documento. Dovevo contattare privati e aziende - continua - e fissare un appuntamento con un consulente che avrebbe proposto di persona nuove offerte riguardanti una nota compagnia telefonica. La clausola che più mi ha stranito è stata quella riguardante le provvigioni: le avrei percepite solo se durante l’appuntamento il contratto con la compagnia fosse stato firmato. Purtroppo da parte degli operatori non c’era nessuna possibilità di controllare come fossero andati gli appuntamenti e quando chiedevo informazioni in proposito le risposte erano sempre molto vaghe».
Per quanto riguarda l’atmosfera lavorativa: «Il clima era tesissimo, poiché per “contratto” si poteva essere mandati via in qualsiasi momento e oltre a questo dall’altra parte della cornetta i potenziali clienti, innervositi dalle continue chiamate, si abbandonavano a urla ed insulti. In ufficio invece i team leader passeggiavano nervosamente dietro le nostre scrivanie controllando le chiamate e chiedendo sempre nuovi appuntamenti. La mia collaborazione è durata un mese e mezzo in cui tra giorni di prova non conteggiati, ipotetiche formazioni e il 20% di ritenuta d’acconto ho guadagnato 280 € e nessuna provvigione: infatti a detta della titolare, tutti i miei appuntamenti fissati erano stati cancellati».

RACCONTI DI OGGI /3: "NESSUNA FORMAZIONE"Infine il racconto di Giulia, pasticcera ventenne che ha terminato la collaborazione con un call center Outbound in questi giorni: «Ho lavorato in diversi call center ma l’ultima esperienza è stata la peggiore. Ho trovato l’annuncio tramite internet e dopo aver fatto un breve colloquio son stata assunta per un part time. I primi giorni non ho ricevuto nessun tipo di formazione, sono stata affiancata invece ad una mia collega, una ragazza che lavorava lì da una settimana, per ascoltare le chiamate e imparare le offerte. Dopo 2 settimane di lavoro - sottolinea - hanno comunicato che l’azienda avrebbe chiuso ed hanno trasferito tutti gli operatori presso un altro call center nello stesso palazzo, che solo dopo ho scoperto essere di proprietà della stessa persona».
Ma la situazione non è migliorata: «Anche in questo caso la formazione è stata minima e mi sono ritrovata subito "in cuffia” senza una preparazione adeguata. Il sistema operativo che forniva le liste da chiamare funzionava molto male e i responsabili ci hanno esortato più volte ad utilizzare le Pagine Bianche e Gialle. Dopo soli 3 giorni mi hanno convocata dall’amministrazione informandomi che l’indomani sarebbe stato l’ultimo giorno lavorativo perché non ero riuscita a soddisfare i loro standard. La lettera di collaborazione che ho firmato - conclude -  riportava ben 5 giorni di formazione che non ho mai svolto e al momento del licenziamento hanno tentato di farmi firmare, senza successo, una ritenuta d’acconto senza importi».Tutte le nostre intervistate concordano su una cosa: dopo questa esperienza non risponderanno mai più in modo scortese ad un operatore telefonico. 

Voi avete mai lavorato in un call center? Che esperienza è stata?